Teste mozzate di contadini esposte in gabbie di vetro nei pressi di Isernia.
Tali pratiche furono utilizzate come monito e rappresaglia nei confronti delle comunità insorte.
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All'indomani della spedizione dei mille e della conseguente annessione del Regno delle Due Sicilie al nuovo Regno d'Italia, diverse fasce della popolazione meridionale cominciarono ad esprimere il proprio malcontento verso il processo di unificazione, e si cominciarono a formare gruppi di ex soldati del disciolto esercito napoletano, rimasti fedeli alla dinastia borbonica, e di contadini e pastori che lottavano contro i proprietari terrieri ed i latifondisti. Tra questi si inserirono anche malviventi e latitanti, adusi a vivere alla macchia. I contadini, in particolare, lamentavano la continuità dello sfruttamento da parte dei padroni terrieri i quali, in continuità rispetto al dominio borbonico, continuavano a detenere gran parte della terra del meridione, rendendo i contadini di fatto servi della gleba. Altri motivi che spingevano alla rivolta i contadini erano costituiti dalla privatizzazione delle terre demaniali e dalla leva obbligatoria introdotti (come nel resto d'Italia) dal governo unitario, oltre ad una tassazione più elevata di quella precedentemente in vigore. Particolare importanza ebbe la diffusa delusione per il fallimento del nuovo governo nel migliorare le durissime condizioni di sfruttamento e sopraffazione, ereditate dai Borbone.
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