giovedì 29 ottobre 2020

Il bambino vampiro

da un articolo di Cristina Nadotti 


Il teschio del "bambino vampiro" con la pietra in bocca 


La tomba del bambino vampiro che svela i riti romani contro la malaria

In Umbria, a Lugnano in Teverina, una villa del V secolo restituisce reperti straordinari: un ragazzino sepolto con una pietra in bocca per non farlo risorgere. Gli archeologi: "È la conferma della diffusione della malattia che fermò anche l'avanzata degli Unni di Attila"

Nel "Cimitero dei bambini" di Lugnano in Teverina, in Umbria, una villa romana abitata fino al V secolo, gli archeologi dell'Università di Stanford rinvennero nel 2018 lo scheletro di un bambino o bambina (ancora non è stato accertato il sesso) sepolto con una pietra in bocca. Il sasso serviva sia a non far diffondere la malattia, sia a zavorrare il corpo e non farlo risorgere come vampiro. È la prova ulteriore che nella villa erano stati sepolti in tutta fretta molti bambini ed eseguiti riti magici, per scongiurare il propagarsi di un'epidemia.

In realtà non di epidemia si trattava, ma di diffusione della malaria, capace di fermare anche l'avanzata degli Unni di Attila. Quando infatti nel 452 papa Leone I incontrò l'unno vicino a Verona, secondo quanto riporta lo scrittore latino Sidonio Apollinare Gaio Sollio, gli suggerì di non sottovalutare la forza dell'esercito romano, ma anche la pericolosità della zona che avrebbe dovuto attraversare, la valle del Tevere, dove imperversava una "pestilenza". La malaria, appunto.

L'archeologo David Soren, responsabile dello scavo, ha pubblicato resoconti sulla straordinarietà della villa di Poggio Gramignano, costruita alla fine del I secolo avanti Cristo e abbandonata in tutta fretta nel V, in un primo tempo studiata per i suoi mosaici e poi diventata presto la villa del "cimitero dei bambini", quando si scoprì una stanza in cui erano stati radunati decine di bambini e feti. Come sostiene Soren anche a proposito del "Bambino vampiro", "Non si è mai vista una cosa simile, il ritrovamento è inquietante e strano e capisco che lo si stia già chiamando 'il vampiro di Lugnano'".

In pubblicazioni precedenti Soren ha anche descritto il ritrovamento di scheletri di cuccioli di cani, alcuni decapitati. Secondo l'archeologo i sacrifici dei cani servivano a placare le divinità degli inferi e inoltre negli scritti di Plinio i "succhi dei corpi dei cuccioli" erano applicati per curare varie malattie, tra le quali l'ingrossamento della milza, tipico di chi è affetto da malaria. 

Anche lo scheletro del "bambino vampiro" presenta segni di malaria. Nel cranio ci sono infatti segni di ascessi ai denti, considerati, anche questi, tipici della parassitosi malarica. Il direttore dello scavo, David Pickel, dell'università di Stanford, ha aggiunto che "il ritrovamento del 'bambino vampiro' potrà dire molto sulla devastante epidemia di malaria che colpì l'Umbria circa 1.500 anni fa e soprattutto sugli effetti che ebbe sulla comunità e sul modo con cui si cercò di combatterla". 

"L'età di questo bambino e la sua particolare sepoltura con la pietra posta nella bocca, rappresentano, al momento, un'anomalia all'interno di un cimitero già anormale", ha detto Pickel. "Questo sottolinea ulteriormente quanto sia unico il sito in cui stiamo scavando - Fino a oggi, infatti, erano stati trovati scheletri di bambini più piccoli, al massimo di 3 anni. Una bambina aveva delle pietre tra le mani, anche in questo caso probabilmente per tenerla ancorata alla sepoltura".

Lo scheletro ritrovato con la pietra in bocca è per ora unico a Lugnano, ma sepolture simili sono state documentate in altri luoghi, tra cui Venezia, dove nel 2009 fu ritrovato il corpo di una donna del XVI secolo, soprannominata "Vampiro di Venezia" perché aveva un mattone in bocca. Nel Northamptonshire, in Inghilterra, nel 2017, si trovò lo scheletro di un uomo, risalente al III o IV secolo, sepolto a faccia in giù con la lingua rimossa e sostituita con una pietra.

"Queste operazioni fatte sui morti si vedono in diverse culture - osserva un altro dei ricercatori americani, il bioarcheologo Jordan Wilson -  specialmente nel mondo romano indicavano che c'era il timore che questa persona potesse tornare dai morti e cercare di diffondere la malattia ai vivi".




da: repubblica.it

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