venerdì 10 settembre 2010

si divertiano a uccidere civili in Afghanistan “per sport”


L’accusa è pesantissima. Specie nel momento in cui gli Usa stanno tentando di cambiare la guerra in Afghanistan mostrando più attenzione nelle operazioni belliche, per minimizzare quelli che - con espressione crudele - vengono definiti “danni collaterali”. Cinque soldati americani sono stati incriminati con l’accusa di aver ucciso “per sport” dei civili in Afghanistan. La notizia è stata riportata dal quotidiano inglese the guardian. “Uccidevano a casaccio e collezionavano le dita dei morti come trofei”, scrive il giornale, citando investigatori e documenti legali. I cinque rischiano la pena di morte o il carcere a vita: a giudicarli sarà, a fine mese, un gran giurì, che dovrà valutare l’esistenza o meno di prove sufficienti per un processo davanti alla corte marziale. Le loro vittime, almeno tre, sono state uccise quest’anno. Altri sette soldati avrebbero insabbiato gli omicidi e picchiato una recluta che avrebbe denunciato gli assassini.

Le accuse più gravi mai emerse dall’Afghanistan
Secondo il Guardian, che riprende un servizio del quotidiano dell’esercito Usa Army Times, le accuse nei confronti del sergente Calvin Gibbs, 25 anni, e dei suoi complici, sono tra le più gravi di crimini di guerra emerse dal teatro di guerra afghano. Gibbs e gli altri del “kill team”, membri di una unità di fanteria basata a Ramrod nella provincia meridionale di Kandahar, avevano cominciato a parlare di uccidere civili lo scorso novembre. Altri soldati hanno detto agli investigatori penali dell’esercito che Gibbs si era vantato di averla fatta franca in Iraq dove aveva fatto cose analoghe ed aveva detto che sarebbe stato molto facile “lanciare una bomba a mano contro qualcuno e ucciderlo”. Gibbs avrebbe formato il “kill team” con quattro altri soldati: Jeremy Morlock, Michael Wagon, Adam Winfield e Andrew Holmes. Tutti negano le accuse. Il primo obiettivo sarebbe stato Gul Mudin, ferito in gennaio con una granata e finito a fucilate in un campo di papaveri vicino al villaggio di La Mohammed Kalay. La seconda vittima, Marach Agha, fu ucciso il mese successivo. Il killer gli mise accanto un kalashnikov per giustificare la sua morte. In maggio toccò a Mullah Adahdad. Secondo l’Army Times, almeno un soldato aveva collezionato dita dei morti come “ricordino” e alcuni di loro si fecero fotografare con i cadaveri.
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