Artemisia Gentileschi - Giuditta decapita Oloferne (ca.1612)

sabato 15 dicembre 2012

Destino (Der müde Tod) film muto del 1921, di Fritz Lang

Lil Dagover, che interpreta la parte della fidanzata, aveva già recitato in Harakiri (1919) e Die Spinnen (I ragni, film a episodi del 1919 e del 1920) per Lang 

Destino (Der müde Tod) è un film muto del 1921, diretto da Fritz Lang. Si tratta del primo successo internazionale del grande regista tedesco, il suo vero e proprio esordio nel mondo del cinema.

Lil attrice anche ne Il gabinetto del dottor Caligari di R.Wiene sarebbe presto diventata una delle star internazionali più importanti dei primi anni '20 e '30.  

Trama
La vita in un tranquillo paese di campagna è stravolta dall'arrivo di un sinistro straniero, che dopo aver stupito i paesani alla locanda locale, si stabilisce in un terreno vicino al cimitero, circondato da alte mura.
Qui vengono visti cortei di anime entrare: fra essi una ragazza riconosce il suo innamorato, che scompare.
Disperata cerca di accedere alla casa misteriosa e dopo esserci riuscita scopre che si tratta della casa della Morte, piena di candele che rappresentano le vite umane che si stanno consumando. Le viene allora offerta la possibilità di ricongiungersi al suo fidanzato, salvando una almeno delle tre vite di candele che stanno per spengersi. Alla fine la ragazza dona la sua vita per un'altra persona, ritrovando il proprio uomo nel regno dei morti.



Letteralmente il titolo originale Der müde Tod significa: La Morte stanca.

« In un villaggio, in una valle, senza tempo,
come in un sogno,
vivevano due giovani anime
che cantavano l’eterno amore;
però, come da tutti gli alberi
volano, col primo soffio dell’inverno,
le foglie dorate dell’autunno,
simili a lacrime nel rosso tramonto,
nel tranquillo incrocio per il villaggio
li aspetta …
in silenzio …
la Morte. »


Bernhard Goetzke, con il suo volto scarno, ieratico, triste, con la sua presenza silenziosa e impassibile, è la personificazione della Morte nel film di Lang, più ancora di Bengt Ekerot ne Il settimo sigillo (1957) di Ingmar Bergman. Goetzke sembra guardare oltre lo spettatore: il suo sguardo assente fissa un vuoto che è l'eternità. La solitudine della morte è palpabile, terrificante, indimenticabile.

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