sabato 24 ottobre 2020

Leopardi e il vino




Giacomo  Leopardi ci ha lasciato alcune sue riflessioni, come sempre di gran momento, sul liquore di Bacco. Nel 1820 ebbe a scrivere: «Il vino è il più certo, e (senza paragone) il più efficace consolatore. Dunque il vigore; dunque la natura» (1), evidenziando così quello che egli riteneva le caratteristiche più importanti e il potere vero ed effettivo del vino: esso “consola” l’uomo nei momenti difficili della sua esistenza, corroborandone lo spirito, rafforzandone le capacità, data la “naturalità” del vino, cioè il suo essere figlio diretto della natura.

È stato osservato, a questo proposito, che il pensiero di  Leopardi richiama, per certi aspetti, quello di Orazio secondo il quale il vino è «buono a destare nuove speranze e a dissipare l’amarezza delle tensioni» (2). Ma non è il pensiero leopardiano il prodotto di un richiamo letterario, pur se il concetto ricalca quello oraziano. Impedisce di pensarlo il fatto che il recanatese dedica altri pensieri ed approfondimento alla tematica del vino, e ben più estesi, consistenti, profondi. Infatti già dopo qualche mese egli disquisisce sull’argomento introducendo altri campi di azione del vino. Innanzitutto quello delle donne e dell’amore, campo nel quale il vino può favorire approcci e incontri ravvicinati. È vero che questo era un problema molto avvertito, e sofferto, da  Leopardi, ma qui egli si fa quasi consigliere e sostenitore di una tecnica che prevede il vino come ottimo aiutante di campo.

Afferma, infatti,  il poeta: «Dicono e suggeriscono che volendo ottener dalle donne quei favori che si desiderano, giova prima il ber vino, ad oggetto di rendersi coraggioso, non curante, pensar poco alle conseguenze, e se non altro brillare nella compagnia coi vantaggi della disinvoltura» (3).

Il vino, dunque, aiuta ad acquistare coraggio, a farsi più intraprendenti, ad osare, ad essere disinvolti. Anche perché, «sebbene inclini all’allegrezza, e sopisca i dolori dell’animo, contuttociò dà risalto alle passioni dominanti o abituali di ciascheduno. Bensì le rallegrerà, e darà speranza anche allo sventurato o disperato in amore» (4).

Insomma Leopardi esalta anche il potere quasi terapeutico del vino, che stimola all’autoesaltazione e all’autoeccitamento stesso delle passioni. Vino come datore di speranza e padronanza di sé anche nei momenti più disperati della storia di un amore.


  1. G.  Leopardi, Zibaldone di pensieri, Edizione critica e annotata a cura di Giuseppe Pacella, 3 voll., Garzanti, Milano 1991, [324], I, pag. 263, 14.11.1820.
  2. Orazio, Carmina, IV, 12, vv. 19-20: “spes donare largus amaraque / curarum eluere efficax”.
  3. G.  Leopardi, Zibaldone di pensieri, op. cit., [496], I, 356, 13.01.1821.
  4. Ibidem, [497], I, 357.



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