domenica 25 ottobre 2020

Il problema della autenticità degli oggetti (un post per gli appassionati di arte africana)





Il problema della "autenticità" degli oggetti tradizionali africani, rituali e/o con valenze sociali o anche solo di oggetti d'uso di cultura materiale, è annoso e spinoso: nel contesto culturale contemporaneo gli studiosi lo hanno dibattuto fino dagli anni '60 (Frank Willet e Henri Kamer tra gli altri) e un numero intero della rivista americana African Arts era stato dedicato a discutere questa problematica (vol.IX, n°3, apr.1976).
Sostanzialmente le posizioni in campo si possono a mio parere ricondurre a due interpretazioni, sia pure con declinazioni diversificate:

1) la prima vede una scala sfumata tra oggetti sicuramente autentici e antichi e oggetti sicuramente falsi, con tutte le gradazioni intermedie che vedono pezzi che partecipano in parte e in diversa misura di entrambe le categorie citate (!!!)

2) il secondo punto di vista, che io personalmente condivido e che oggi mi sembra quello culturalmente dominante, anche se non il "maggioritario" e comunque con grosse resistenze anche a livello accademico (nel settore dell'antropologia culturale), ritiene ci sia una netta separazione tra:

    a) oggetti "autentici" (tra i quali esiste una ovvia scala di valori estetici, antropologici e      differenti gradi di antichità e rarità)
    b) oggetti "non-autentici" (che vanno dai veri e propri falsi, creati solo per essere venduti e soprattutto per ingannare l'acquirente a proposito della loro reale essenza ed antichità, alle copie di rifacimento che sono, spesso, create dalle popolazioni "giuste" e usate nel contesto rituale "giusto" ma con un evidentissimo decadimento stilistico dovuto al fatto che il sistema di riferimento culturale delle popolazioni stesse è profondamente cambiato a contatto con la modernità e con la civiltà occidentale).

Faccio due esempi: ancora oggi c'è una produzione copiosa di maschere Dogon, ma queste non possono essere considerate "autentiche", seguendo questo ragionamento appena ora espresso, in quanto scolpite solo per essere vendute ai turisti, sia pure dopo essere state "danzate"; le maschere rotonde e piatte dei Teke Tsaye esistono ancora ma non possono essere considerate "autentiche" perché le indagini storiche ed etnologiche hanno scoperto che quella determinata tipologia è andata in disuso presso quella popolazione nei primissimi anni del '900 e solo negli anni '60/'70 una rinnovata tendenza politica del paese ha incentivato il ripristino di quella tradizione culturale, che però nel frattempo era andata completamente perduta e pertanto è stata ricostruita a tavolino e priva delle originali componenti antropologiche (e, pertanto, le uniche Teke Tsaye da considerarsi "autentiche" - a detta di molti commentatori - sono le poche maschere, una decina in tutto, che erano pervenute in Europa prima degli anni '20/'30).

Molti studiosi e appassionati sono convinti che oggi come oggi non sia più possibile reperire in Africa oggetti originali di una certa importanza e valore estetico, perché la raccolta (in certi casi un vero e proprio saccheggio) è già avvenuta: in epoche più lontane per alcune etnie (i primi decenni del Novecento per gli oggetti del Gabon e per molti oggetti del Congo e dell'Africa centrale), nei primi anni del secondo dopoguerra (la maggior parte della statuaria Dogon e molti oggetti del west africa), fino ad anni relativamente recenti (gli oggetti nigeriani dopo la guerra del Biafra negli anni '70) o anche recentissimi (la statuaria Lamba/Losso del nord Togo, oggetto di una ricerca e di una esposizione parigina solo lo scorso anno).

Io, personalmente, sono dell'opinione - basata sulle testimonianze di molti miei corrispondenti che regolarmente e periodicamente visitano le (poche) regioni africane libere da guerre - che, se è vero che per molte delle etnie ritenute più importanti sia molto molto difficile, per non dire impossibile, trovare ancora qualche oggetto veramente autentico e valido in loco, per altre popolazioni sia possibile reperire ancora qualche bell 'esemplare, in particolare ovviamente nei casi in cui esista ancora una tradizione culturale abbastanza viva e cerimonie o occasioni rituali/sociali in cui questi oggetti "servano" ancora.
E' noto, ad esempio, che alcune popolazioni del west africa (ad esempio i Lobi o le etnie legate al voudou come gli Ewe e i Fon) continuano imperterrite a produrre oggetti per i loro usi tradizionali e, pertanto, questi oggetti sono da ritenersi "autentici" anche se sono stati scolpiti in epoca recente.




Il post è scritto dal prof. F.Ferrari e tratto dal suo blog: collezioneafricafedericoferrari

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