lunedì 23 gennaio 2023

La storia che non è scritta nei libri “ufficiali” né tantomeno raccontata nelle scuole: Emilio Canzi





Nella lotta armata al fascismo che si sviluppa fra il 1943 e il'45 gli anarchici mettono a frutto le precedenti esperienze in Italia, nella rivoluzione di Spagna e i dibattiti che sulla base di quelle esperienze si sono sviluppate in carcere, al confino o in esilio forzato dal ventennio fascista.

Non bisognerebbe mai dimenticare, per una giusta valutazione della storia (la resistenza al fascismo da parte degli anarchici non è scritta nei libri “ufficiali” né tantomeno raccontata nelle scuole) che un numero elevato di anarchici e anarchiche dopo il 25 aprile del ‘45 rimasero in carcere. Rimasero imprigionati anche dopo la famigerata amnistia Togliatti che nel ‘46 liberò migliaia di fascisti, per una sorta di riappacificazione bilaterale in seno alla nuova repubblica. Migliaia di fascisti tra cui i più feroci, alcuni responsabili di tali atrocità (la banda Koch) che spinsero gli anarchici, alcuni anarchici a non deporre le armi fino al febbraio del ‘47, mese in cui vennero letteralmente spazzati via dal nuovo esercito italiano “liberato”.

Gli anarchici sono tra coloro che alla caduta del fascismo partecipano alla lotta armata in maniera rilevantissima (lo stesso Pertini ammise di vergognarsi per essere stato in silenzio quando Togliatti liberò tutti meno gli anarchici, troppo pericolosi gli rispose il capo degli stalinisti italiani, stalinisti responsabili solo nove anni prima del massacro dei libertari di Spagna, negli archivi si parla di centomila anarchici uccisi dagli stalinisti di varie nazionalità italiani compresi), militando in formazioni partigiane autonome (formazioni Lucetti, Elio, Schirru, Bruzzi-Malatesta ecc.). Inutile elencare le formazioni e le azioni a cui parteciparono, sono innumerevoli, solo nella città di Milano la Bruzzi-Malatesta era forte di 1300 uomini e donne. Assaltarono fabbriche in mano ai fascisti, convogli militari, treni, le loro azioni dirette venivano considerate spesso le più temerarie. 

Emilio Canzi, l'anarchico leggendario del piacentino era il terrore dei nazi-fascisti, dovettero mandare divisioni tedesche attrezzatissime, formate da migliaia di soldati da Verona per fronteggiarlo, senza successo. Pare che il comandante supremo tedesco in italia, il generale delle SS Karl Wolff, di stanza in quei mesi a Verona, disse, dopo aver ricevuto i dispacci degli insuccessi delle divisioni nel piacentino: "Se tutti gli italiani fossero come Canzi ci avrebbero preso a calci in culo da anni". Milano, Piacenza, Carrara, Livorno, Torino, Genova, Napoli e decine di altre città, valli, montagne sono solo un esempio, in tutta Italia gli anarchici morirono per la libertà, ma nonostante il loro contributo di sangue, furono isolati spesso dai partigiani bianchi e rossi, spesso vennero visti come traditori, troppo infinite le loro idee di un mondo diverso, troppo pericolose.

La loro concezione di società egualitaria alla fine della guerra strideva con le nuove direttive democratiche appena nate. Oggi come allora gli anarchici sono denigrati, insultati, li si accusa per ogni pretesto, fino a ridicolizzarli. Scherniti e beffeggiati da tutte le formazioni politiche di qualsiasi colore o appartenenza, incompresi purtroppo, in alcuni casi, anche dagli stessi compagni di lotte condivise. Ma la storia signori non la si cambia, la si può sotterrare sotto metri di sabbia, si possono dire fiumi di menzogne, si può anche convincere le moltitudini ad avere paura o disprezzo degli anarchici, ma la storia cari democratici non la si cambia. Gli anarchici come non sono stati estinti nel ‘47 così non si estingueranno certo oggi, figuriamoci poi da voi, democratici che siete solo la brutta copia di quelli di allora. Fino a quando ci batterà il cuore grideremo di libertà, solidarietà, mutuo aiuto, abituatevi, il cuore non cambia posizione.

Olmo





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