Detail of Vision of Saint Francis of Assisi, Jusepe de Ribera, 1638

lunedì 7 agosto 2017

Michelangelo Merisi da Caravaggio [Italian Baroque Era Painter, ca.1571-1610]




Michelangelo Merisi da Caravaggio - San Matteo e l'angelo (1602)
Olio su tela - 295×195 cm - San Luigi dei Francesi, Roma



San Matteo e l'angelo è il soggetto di un dipinto realizzato nel 1602 dal pittore italiano Caravaggio. È conservato a Roma nella cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. La prima versione del dipinto, acquistata da Vincenzo Giustiniani, passò ai Musei di Berlino nel 1815 e fu distrutta verso la fine della seconda guerra mondiale nell'incendio della Flakturm Friedrichshain.

La prima versione dell'opera

Due anni dopo aver dipinto le tele laterali per la cappella Contarelli, Caravaggio fu chiamato a concludere l'opera dipingendo anche la pala centrale raffigurante San Matteo e l'Angelo. 

L'idea di una pala d'altare raffigurante S. Matteo e l'Angelo era già nel programma iniziale voluto dal cardinale Matteo Contarelli intorno al 1560, quando egli era ancora in vita. Nel suo testamento, il cardinal Matteo Contarelli aveva precisato che la pala d'altare doveva essere alta palmi 17 e larga palmi 14 con "San Matteo in sedia con un libro o, volume, come meglio parera, nel quale mostri o di scrivere o voler scrivere il vangelio et a canto a lui l'angelo in piedi maggior del naturale in atto che paia di ragionare o in altra attitudine."

La prima versione di questo dipinto fu rifiutata dalla congregazione, ("Il quadro d'un certo San Matteo, che prima havea fatto per quell'altare di San Luigi, e non era veruno piaciuto") e Giovanni Pietro Bellori ("[...] terminato il quadro di mezzo di San Matteo e postolo su l'altare, fu tolto via dai preti, con dire che quella figura non aveva decoro, né aspetto di Santo[...]"). Secondo queste fonti, il dipinto fu rifiutato perché il santo era raffigurato come un rozzo popolano semianalfabeta, con le gambe nude, incrociate, a cui l'angelo guida materialmente la mano nello scrivere il Vangelo' merito di Luigi Spezzaferro l'aver smentito, nel 2001, le notizie fornite da Baglione e Bellori, che sino a tutto il XX secolo furono ritenute attendibili dagli studiosi. Spezzaferro ha dimostrato che la prima versione del San Matteo e l'Angelo era una pala d'altare provvisoria, da collocare temporaneamente nella Cappella in attesa che vi terminassero i lavori. Le considerazioni malevole del Baglione, quindi, erano dovute essenzialmente ai suoi contrasti col pittore, mentre Giovanni Pietro Bellori vedeva nella poetica figurativa del Caravaggio un carattere negativo, in quanto in aperta opposizione all'ideale che egli aveva del Bello, secondo i canoni classicisti dell'Accademia di San Luca di cui era segretario. È probabile, dunque, che lo stesso pittore non solo si rese conto che la prima versione era sottodimensionata rispetto al vano che doveva occupare e quindi rischiava di non rispondere alla proporzionalità delle parti, ma che la particolare rarità dell'iconografia poteva non essere compresa ed equivocata. 

La seconda versione del dipinto, tuttora in loco, emula i canoni dell'epoca: San Matteo, ispirato da un angelo apparso alle sue spalle, ha l'aspetto di un dotto e scrive di suo pugno il Vangelo, ispirato ma non più materialmente condotto dall'angelo che, con un gesto, sembra elencargli i fatti che dovrà narrare nel testo. L'unico accenno di "spregiudicatezza" dell'opera è la posa del santo, che si appresta a scrivere imbevendo la penna nel calamaio stando appoggiato con le braccia al tavolo, e con la gamba ad uno sgabello in equilibrio precario, quasi a sottolineare l'incertezza sul cosa scrivere.



da: wikipedia

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