lunedì 12 novembre 2012

Edvard Munch nasce a Loten-Oslo (Norvegia) nel 1863, muore a Ekely-Oslo nel 1944


Edvard Munch - La Danza della vita (1900)


Nelle opere di Munch l’urlo dell’angoscia incombe anche quando sembra che egli voglia celebrare la vita. La Danza della vita, è un soggetto che dovrebbe esaltare l’abbandono felice al ballo, anticipazione di una passione.
Invece no.
Il verde cupo del prato è inesorabilmente tagliato da un cielo e da un mare lividi e stretti, in cui la luna sullo sfondo invece di creare atmosfere romantiche ed essere preludio di una nuova alba, è l’annuncio della fine del giorno e diventa metafora del ciclo della vita.
Le figure sul prato sono estraniate, assenti, anche quando sembrano abbandonarsi ai palpeggi del ballo o al vortice della danza.
La coppia centrale, affiancata dalle due misteriose donne, una in bianco e una in nero, rappresenta il significato finale della vita. Le altre figure sono variazioni, folla di comprimari il cui senso è solo quello di non avere un volto. Forse rappresentano il passato della coppia; forse indicano il tempo della loro storia, l’inizio e l’esplosione di una passione: una preparazione all’immobilità tragica delle due figure centrali, punto di arrivo di ogni storia d’amore.
Movimento e immobilità, espressività dei corpi e indifferenza opaca del volto, sono i messaggi di un arco completo della vita.
La raffigurazione della coppia centrale non prelude, dunque, ad una notte di passione, alle confidenze degli amanti e alla fusione dei sensi e della carne: lui ha il volto terreo di una morte in arrivo, lei un viso di cartone. Quello che può sembrare l’inizio di un idillio non è che l’annuncio di qualcosa che deve concludersi. La coppia si tiene con tenerezza, la mano nella mano e il braccio di lei sulla spalla di lui: ma è solo l’emozione dolceamara di una fine, la commozione dei ricordi che danzano sullo sfondo. È la fine di una storia o la fine della vita? Il ciclo comunque si compie e a sottolinearlo sono ancora le due donne ai lati, in primo piano. Quella in bianco, sorridente e protettiva, con l’aria di primavera nelle vesti e sul volto, che incoraggia con un gesto della mano ad andare avanti, che rappresenta l’inizio. Ma, a destra, la donna in nero, severa e compunta, con quei riflessi gialli e rossi dei capelli e le mani verdi ­ verde della morte ­ chiuse in grembo, è in attesa. In attesa che tutto finisca, l’idillio e la vita. È la presenza della morte dentro la vita. Lei è là e i suoi capelli hanno gli stessi riflessi della lama dell’astro, sullo sfondo della scena. Come a chiudere il cerchio della vita com’è effettivamente.

Nessun commento: