M.C. Goodwin - Death Quit

giovedì 22 settembre 2011

Ovidio / Gian Lorenzo Bernini

Gian Lorenzo Bernini - Apollo e Dafne - Galleria Borghese, Roma

“Phoebus amat visaeque cupit conubia Daphnes quodque cupit, sperat, suaque illum oracula fallunt”

Tuttavia l'inseguitore, aiutato dalle ali dell'amore, è più veloce, non dà tregua alla fuggitiva, le sta addosso, ansimando sui capelli sparsi sul suo collo. Impallidì la fanciulla ormai stremata e, vinta dallo sforzo di quella fuga disperata, volgendosi alla corrente del Peneo, disse: "Aiutami, padre! Se voi fiumi avete un potere divino, trasforma e annienta questa figura per la quale troppo io sono piaciuta!".
Ha appena terminato questa preghiera che un pesante torpore paralizza le sue membra:una sottile corteccia le cinge il morbido petto, i capelli si allungano in foglie, le braccia in rami; i piedi or ora così veloci si irrigidiscono in radici immobili; il volto scompare in una cima: di lei rimane solo lo splendore.
Ma anche così Apollo l'ama: poggiata la mano sul tronco, sente ancora palpitare il cuore sotto la tenera corteccia e, stringendo tra le braccia i rami, quasi fosse il suo corpo, copre di baci l'albero, ma l'albero si sottrae ai suoi baci.

La fuga di Dafne da Metamorfosi

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Bernini sulle difficoltà della creazione: 
« Chi vuol sapere quel che un uomo sa bisogna metterlo in necessità. » 

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