mercoledì 2 giugno 2010

Il potere della musica: ciao Ivan - Gun Club



La musica amplificata dall'alcol, oltre che dall' impianto HI-FI, è dimostrato avere una potenza devastante.

Ivan era uno dei miei migliori amici, non parlava molto e per questo andavamo particolarmente  d'accordo, il chimera, e quelle poche volte che apriva la bocca ti faceva morire dalle risate. Era notte, reduci da una serata di innumerevoli cocktails e cornetti caldi con la crema al Circeo tornavamo verso casa. Al contrario dell'andata i discorsi si erano ridotti al minimo per via della stanchezza. Ivan aveva una Renaul Turbo. Avete presente? Si... una di quelle macchine piccole ma con una potenza impressionante. Eravamo quasi arrivati, viaggiavamo tranquilli avvolti da una sorta di torpore e rilassatezza. Ivan sorpassava solo quando era proprio necessario in tutta pace. Proprio durante uno di questi sorpassi "rilassati" un'auto da dietro ci lampeggiò ripetutamente, Ivan si fece di lato e questi sorpassò dando fiato al clacson. Ivan tirò una boccata dalla sigaretta, apparentemente indifferente, alzò lo stereo (che stava trasmettendo il brano di cui sopra) e con tutta calma ci fece: "Andiamo a riprenderlo".

Il motore della Renault aumentò di giri velocemente innestando il turbo ripetutamente. L'auto dell'altro si avvicinava, perdente in partenza, a vista d'occhio. Ci trovavamo all'inizio di una salita che in fondo terminava con una curva a gomito. Ivan lo sapeva benissimo, avevamo fatto quella strada migliaia di volte. La musica dei Gun invase l'abitacolo prepotentemente. L'auto si avvicinava... Ivan sorrideva... la strada correva veloce. Arrivammo entrambi appaiati all'entrata della curva al culmine della salita, proprio mentre iniziava l'assolo di chitarra, la macchina era in quinta, la velocità eccessiva, Ivan cambiò dalla quinta alla terza, per compensare, intorno ai 200km/h, l'auto senza fare una piega si alzò in volo descrivendo una parabola tangente al disegno della strada. Il mondo prese un aspetto irreale mentre la musica entrava violentemente nelle vene: So, Give up the Sun, Give up the Sun One hundred thousand times. Il mondo prendeva una prospettiva insolita. La macchina si piegò su un lato alterando la bellezza delle immagini per poi atterrare su un fianco con un boato. Ricordo solo l'infinità di pezzi di vetro dei finestrini e del parabrezza in frantumi che volavano, o meglio... immobili, davanti ai miei occhi. Quando tutto si placò feci il bilancio della situazione: tutto ok a parte qualche dolorino qui e là. Guardai gli altri che cercavano in tutti i modi di uscire dall'auto addormentata su un fianco. Tra salti mortali e scivolate uscimmo tutti e tre... appunto... tre, ne mancava uno. Ivan era immobile sotto il volante accartocciato come due fette di mortadella piegate su se stesse, inarrivabile in alcun modo. Ora questo è difficile da spiegare... forse solo chi lo ha vissuto può capirlo... ci sono momenti nella vita in cui la nostra forza è centuplicata non sò da quale dio o da quale capacità extra-umana. Fattostà che vedendo così Ivan, vidi in mezzo secondo me stesso che dicevo a sua madre che era morto, il suo funerale e provai una stretta al cuore che nemmeno Dostoevskij  potrebbe descrivere. Corsi, mezzo sbilenco per il dolore, dall'altro lato della macchina afferrai il montante dello sportello e con un urlo degno di John Cena feci forza. La maccina si sollevò lentamente. Avvertii una fitta alle tempie e negli occhi (chiusi) della mente un lampo multicolore, dopo di che l'auto riprese il consueto assetto verticale. Aprii lo sportello e soccorsi alla bene e meglio il mio amico. Il cuore batteva e questo mi tranquillizzò. Ai tempi non esistevano i cellulari  e non so come fece ad arrivare l'ambulanza; ma senza tirala troppo per le lunghe, tutto finì bene. 

Ci ritrovammo tutti e quattro qualche tempo dopo al Santuario del Divino Amore per accendere un cero alla Madonna e subito dopo a mangiare il panino con la porchetta all'osteria che si trova dall'altro lato della strada.

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