domenica 3 giugno 2012

NADSAT ___ socialità irrelata, il suicidio ___ Paolo Maggis




In a room with a window in the corner I found truth
Joy Division, Shadowplay

Lasciami dormire ancora
Sto soltanto riposando
Faust’o, Suicidio

One of these mornings
You’re gonna rise, rise up singing,
You’re gonna spread your wings, child,
And take, take to the sky,
Lord, the sky.
But until that morning,
Honey, n-n-nothing’s going to harm ya,
No, no, no no, no no, no…
Don’t you cry — cry.
Janis Joplin

Poi salii sul davanzale, mentre la musica imperversava alla mia sinistra, chiusi i fari e sentii il vento freddo sulla biffa, poi saltai.
Alex, Arancia Meccanica

Non manca mai a nessuno una buona ragione per uccidersi.
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere

La vita e io siamo pari. Inutile elencare offese, dolori, torti reciproci. Voi che restate siate felici
Ultimo biglietto di Vladimir Majakovski


Luigi Tenco aveva ventinove anni. Kurt Cobain ventisette. Ian Curtis ventitrè. L’azionista viennese Rudolf Schwartzkogler si gettò giù dalla finestra della sua camera da letto a ventinove anni. Stesso metodo di Francesca Woodman, che però lo fece a ventidue. Jacques Vachè, proto-performer e poeta, compì quella che Breton definirà una “manifestazione di surrealismo integrale” a ventiquattro anni, con l’aiuto del laudano. Il drammaturgo romantico Von Kleist lo fece a trentaquattro, Carlo Michelstaedter, poeta e filosofo, a ventitrè. Majakovskij, devastato dal reale esito della Rivoluzione d’Ottobre, a trentasette. Sylvia Plath, grande poetessa statunitense, a trentuno.
I giovani, assieme agli anziani, sono statisticamente le categorie d’età più colpite dal suicidio. Ma, diversamente dai secoli scorsi, i giovani trionfano in questo campo. Le stime mondiali parlano di un milione di morti all’anno, e del fatto che il suicidio rappresenti in graduatoria la terza causa di decesso fra la popolazione giovanile. L’assenza di una prospettiva reale per il futuro colpisce chi si affaccia sul mondo più di chi sta per andarsene.

La serie CO2 di Paolo Maggis rappresenta una serie di inquadrature sempre più ravvicinate su un tavolo obitoriale, sul quale è sdraiato il corpo di un amico morto per propria mano. Questo vertiginoso blow-up sul viso del soggetto è come un tentativo di analisi, una frase interrogativa sull’ultimo messaggio lasciato. Perché l’ultimo messaggio dei morti è sempre costituito dal loro sembiante, dall’ultima, immobile forma, dalla loro espressione. Il suicidio può avere mille motivazioni contingenti, il crollo delle  difese, la delusione, un livello di stress intollerabile. La struttura portante di base, però, è sempre la stessa, ovvero un senso di fallimento nelle interazioni con gli altri, un’incapacità di collocarsi fra loro che sia all’altezza dei propri desideri. Paolo Maggis non distoglie lo sguardo, mostra l’enormità e l’evidenza della morte con pennellate grevi e vischiose, per dimostrare ancora una volta l’impenetrabilità del mistero doloroso del suicidio.

1 commento:

  1. La morte volontaria è la piu' bella. La vita dipende dalla volontà altrui, la morte dalla nostra. - MONTAIGNE -

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